Temistocle, Vienna, Cosmerovio, 1701

 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 CAMBISE, ARSACE
 
 CAMBISE
 A Temistocle i cenni
 deggio espor di Artaserse.
 ARSACE
                                                  Ei qui si guidi. (Alle guardie)
 CAMBISE
 Egli, Arsace, è ancor fermo
 nel rifiuto primier?
 ARSACE
                                       Vil pentimento
540non entra in cor d’eroe.
 CAMBISE
                                             Spesso il periglio,
 che si sfida lontan, vicin si teme.
 ARSACE
 L’oro al foco s’affina, al rischio il forte.
 CAMBISE
 Uomo ancora è l’eroe.
 ARSACE
 Uom perché muor, non perché tema in morte.
 CAMBISE
545Ei vien.
 ARSACE
                  Tutto è livor.
 CAMBISE
                                            (Reggimi, o sorte). (Arsace si ritira in disparte)
 
 SCENA II
 
 TEMISTOCLE, CAMBISE
 
 CAMBISE
 Dopo l’Asia già vinta,
 dopo la Grecia sostenuta, o duce,
 altra e più gran vittoria
 a te non rimanea che la tua gloria.
550Oggi questa ancor cede.
 Maggior sei di te stesso; e già volgari
 nomi e basse memorie
 per Temistocle sono
 Salamina ed Eubea, Sparta e Corcira.
555Raro onor ma dovuto
 a l’invitta virtù del tuo rifiuto.
 TEMISTOCLE
 A la patria anco ingrata
 questo segno io dovea d’averla amata.
 Ma che non puote alfine
560gratitudine, amor, premio e speranza?
 CAMBISE
 Che? Già vil ti mutasti?
 TEMISTOCLE
 Spesso il mutar consiglio è più costanza.
 CAMBISE
 Ella è tua patria Atene.
 TEMISTOCLE
 Allor che io la difesi,
565ciò che mi diè le resi.
 CAMBISE
 Ma se opprimerla pensi,
 il ben, che le rendesti, ora le invidi.
 TEMISTOCLE
 Troppo, ah troppo mi giova
 l’imitarne l’esempio.
 CAMBISE
570Non lice mai l’orme seguir de l’empio.
 TEMISTOCLE
 Non son questi, o Cambise,
 i sensi d’Artaserse?
 CAMBISE
 Pospongo a la tua gloria il suo vantaggio.
 TEMISTOCLE
 E per troppa amistà sei poco saggio.
 CAMBISE
575Dunque?...
 TEMISTOCLE
                        No, non fia vero
 che l’amarmi a te nuocia, a me non giovi.
 Vanne ed il lieto avviso
 presso al tuo re ti sia di merto.
 CAMBISE
                                                          Io dunque
 a lui dirò?...
 TEMISTOCLE
                         Sì, digli
580ciò che meglio ti aggrada. Io farò poi
 ciò che più mi conviene.
 CAMBISE
 Parto. Han cor che vacilla ancor gli eroi.
 
    Non hai quel cor sì forte
 che ’l mondo ammira in te.
 
585   Timor di dubbia morte,
 desio d’istabil sorte
 ti fa tradir nemico
 il tuo onor, la tua patria e la tua fé.
 
 SCENA III
 
 TEMISTOCLE ed ARSACE
 
 TEMISTOCLE
 Chi non direbbe, Arsace,
590che sincera amistà muova i suoi detti?
 Ma Cambise mi è noto; egli odia e finge.
 ARSACE
 E finge, perché teme,
 che indizio è di viltà l’odio coperto.
 TEMISTOCLE
 Ma ch’odia in me? Che teme?
 ARSACE
                                                         Il tuo gran merto.
 
595   Che un gran merto in debil core
 desta invidia e fa timore.
 
 TEMISTOCLE
 Vien Clearco e la figlia. Or quivi, Arsace,
 mi ritiro in disparte e poi ti sieguo.
 
 SCENA IV
 
 ERACLEA, CLEARCO e detti in disparte
 
 CLEARCO
 
    Care luci che ’l pianto versate, (Eraclea vien piangendo)
600in voi fate superbo il dolor.
 
    Se vi aggrada il pianger tanto,
 una stilla di quel pianto
 risparmiate anco al mio cor.
 
 ERACLEA
 Che sciagura è la mia?
605Vedermi tolto il padre
 da quella man ch’io più credea pietosa
 e che io tenea più cara.
 Vieni, vieni, o Clearco; (Alzando gli occhi a Clearco)
 anche per me vi saran ceppi; anch’ io
610avrò cor da soffrirli.
 Me pur guida in trionfo; e fa’ che Atene
 compisca in me del genitor le pene.
 TEMISTOCLE
 (Cara figlia amorosa).
 CLEARCO
 Io dunque il reo son de’ suoi mali? Io dunque
615ne son l’autor?
 ERACLEA
                              Tu arrechi
 a Temistocle i ceppi.
 CLEARCO
 Ma costretto e dolente.
 ERACLEA
 Tu là il trarrai, dove la patria iniqua
 l’ire mal concepute
620spegnerà nel suo sangue.
 CLEARCO
 Ma pria di lui cadrà Clearco esangue.
 TEMISTOCLE
 (Fido amico pietoso).
 ERACLEA
 No, con tal pena mia, con tal tuo rischio,
 non vo’ doverti il padre.
 CLEARCO
625Crudele, ancor la mia pietà rifiuti?
 ERACLEA
 Tarda non la ricerco
 e inutil la detesto.
 CLEARCO
                                    Or che far posso?
 ERACLEA
 Col tuo cor ti consiglia;
 e salva il genitor, s’ami la figlia. (Temistocle si avanza nel mezzo)
 TEMISTOCLE
630E perdi il genitor, se vuoi la figlia.
 ERACLEA
 Padre.
 CLEARCO
                Signor.
 TEMISTOCLE
                                La destra
 porgi, o figlia, a Clearco.
 ERACLEA
 La destra?
 TEMISTOCLE
                       Sì.
 ERACLEA
                               Di chi ti guida a morte
 sarò?...
 TEMISTOCLE
                 Sarai consorte.
 ERACLEA
635Ma signor...
 TEMISTOCLE
                         Non opporti.
 ERACLEA
 Eccola. (Eraclea porge la destra a Clearco)
 TEMISTOCLE
                 Ei sia tuo sposo,
 che che di noi sia decretato; e in lui
 ama il voler del padre e lo rispetta.
 ERACLEA
 Quanto imponi oprerò.
 CLEARCO
                                             Sposa diletta.
 TEMISTOCLE
640E tu, Clearco, adempi
 ciò che l’onor ti chiede.
 CLEARCO
 Il tuo zelo conosco e la mia fede.
 TEMISTOCLE
 Rammenta che nascesti
 cittadin, pria che amico e pria che amante.
645Ascolta il tuo dover, non il tuo amore;
 e pria servi a la patria, indi al tuo core.
 
    Parto, o cari, e da voi chiedo
 più costanza e meno amor.
 
    La pietà del vostro cor
650non disarma il mio destino
 ed accresce il mio dolor.
 
 SCENA V
 
 ERACLEA e CLEARCO
 
 CLEARCO
 Non fia mai ver che i numi
 lascin perir tanta virtude in terra.
 Bella Eraclea, fugga il dolor dal seno;
655e se mi sprezzi amante,
 come dono del padre amami almeno.
 ERACLEA
 Non ti adular, Clearco. A core aperto
 lascia ch’io teco parli
 e le speranze tue tolga d’inganno.
660Or non t’odio né t’amo.
 Tra lo sprezzo e l’affetto incerta è l’alma,
 come del padre è la salute incerta.
 Ti amerò, s’egli vive;
 ti abborrirò, s’ei muore:
665e sarà la sua vita
 il destino fatal del nostro amore.
 CLEARCO
 Son io reo de’ suoi mali
 che li cangi in mia pena?
 ERACLEA
 Prova la tua innocenza; e poi t’assolvo.
 CLEARCO
670Temistocle mi assolse.
 ERACLEA
 Ti giudico col mio, non col suo core.
 CLEARCO
 La man mi desti.
 ERACLEA
                                  A te la diede allora
 non Eraclea ma ’l padre.
 CLEARCO
 Così ingiusta?
 ERACLEA
                             Ben posso,
675con chi trovo sì iniquo, essere ingiusta.
 CLEARCO
 Son misero.
 ERACLEA
                         È in tua mano
 il renderti innocente.
 CLEARCO
                                          E che far posso?
 ERACLEA
 Col tuo cor ti consiglia;
 e salva il genitor, s’ami la figlia.
 
680   Mostra che m’ami
 con cor pietoso,
 se amor tu brami,
 se vuoi pietà.
 
    Sinché ’l mio core
685sarà doglioso,
 il suo dolore
 ti punirà.
 
 SCENA VI
 
 CLEARCO
 
 CLEARCO
 Sì, t’intendo, Eraclea. Già corre il grido
 che a me tocchi in Atene
690trar Temistocle avvinto.
 Fiera necessità ch’esser io deggia
 misero o traditore,
 crudele amante o cittadino iniquo!
 Temistocle, Eraclea, patria, amor, fede,
695qual di voi fia più forte?
 Chi mi dà vita o morte?
 
    Aspra guerra mi muove nel cor
 contro l’amor l’onor;
 né so qual vincerà.
 
700   In destino di tanto rigor
 temo l’altrui dolor;
 odio la mia pietà.
 
 SCENA VII
 
 PALMIDE
 
 PALMIDE
 Datti pace, alma mia,
 e voi soffrite meco, affetti miei.
705Sempre ai colpi del fato
 soggiace un fido amante;
 il fedele è infelice,
 gioco di finta sorte
 usa sempre a mentire,
710che di felicitade al bel sereno
 l’invita allor quando lo vuol tradire.
 Di Temistocle mio,
 de’ nostri dolci amori
 tanto avvenne, tant’è, più non saprei.
715Datti pace, alma mia,
 e voi soffrite meco, affetti miei.
 Palmide, e che sarà?
 Ti tradisce la sorte,
 ti son gli astri severi,
720amor senza pietà;
 e fino i tuoi pensieri,
 che t’allettano, ancor discopri rei,
 Datti pace, alma mia,
 e voi soffrite meco, affetti miei.
 
725   Dagl’inviti de’ pensieri
 saggio cor rimova il piede.
 
    Che ministri fian di pene,
 ch’usin canti di sirene,
 che sian falsi e menzogneri,
730siane esempio la mia fede.
 
 SCENA VIII
 
 ARTASERSE
 
 ARTASERSE
 
    Son re, non tiranno.
 Se in grado sì augusto
 posso esser ingiusto,
 me stesso condanno.
 
735   Non vuo’ l’altrui danno
 e assai meno voglio
 che pari nel soglio
 mi sieda l’inganno.
 
 SCENA IX
 
 CAMBISE e detto
 
 CAMBISE
 Nunzio di lieti avvisi a te m’inchino.
 ARTASERSE
740Che arrechi?
 CAMBISE
                           Il greco duce
 riconosce più grato i tuoi favori.
 ARTASERSE
 E sì tosto egli oblia
 quel del suolo natal tenero istinto?
 CAMBISE
 Speme e timor l’han vinto.
 ARTASERSE
745Mi lusinghi o t’inganni?
 CAMBISE
                                               Egli poc’anzi
 a me qui ’l disse.
 ARTASERSE
                                  Ei mel confermi ancora.
 Tosto a noi venga. (Alle guardie)
 CAMBISE
                                     (Ira e dolor m’accora).
 
 SCENA X
 
 ERACLEA, PALMIDE, CLEARCO e detti
 
 PALMIDE
 Troppo nel gran giudizio,
 troppo abbiam parte.
 ERACLEA
                                          Io, sire,
750a Temistocle figlia...
 PALMIDE
                                       Io sposa...
 A DUE
                                                            Attendo
 ciò che di lui disponi.
 ERACLEA
 Se innocente mel rendi.
 PALMIDE
                                              O reo mel doni.
 CLEARCO
 Io de la Grecia i voti, alto monarca,
 già esposi. Or nulla aggiungo. Al tuo gran core
755ciò che far deggia è noto. (O patria! O amore!)
 ARTASERSE
 Quanto vale una vita,
 nel cui dubbio destin l’Asia è tremante.
 CAMBISE
 Eccolo.
 ERACLEA
                O caro padre!
 PALMIDE
                                           O illustre amante!
 
 SCENA ULTIMA
 
 TEMISTOCLE e detti
 
 ARTASERSE
 Vieni, invitto guerriero,
760a stabilir le mie speranze. Vieni
 a tor me d’incertezza e te di rischio.
 Ecco Palmide, o duce,
 il più bel de’ miei doni e de’ tuoi voti.
 Nel punto stesso, in cui le giuri amante
765la marital tua fede,
 giura l’eccidio ancora
 de l’empia Grecia e de l’iniqua Atene.
 A l’ara stessa accendi
 de l’imeneo la face e di Bellona;
770e sien gli stessi dei
 pronubi a’ tuoi contenti, a’ tuoi trofei.
 TEMISTOCLE
 Signor, pria che mi esprima, al zel, che serbo
 de la tua gloria, il favellar permetti.
 ARTASERSE
 Parla.
 TEMISTOCLE
              (Lungi da me, deboli affetti).
775Tu cerchi una vendetta
 che onora la mia patria e non la strugge.
 Dunque a vincer la Grecia
 d’un greco hai d’uopo? E tanto l’Asia è vile?
 Mi condona, Artaserse.
780Sin ne le tue vittorie
 debole tu saresti e non invitto.
 ARTASERSE
 Temistocle, si vinca
 e l’esito discolpa ogni delitto.
 TEMISTOCLE
 Col volermi tuo duce,
785la fede e ’l cor de’ tuoi vassalli offendi.
 Quell’onor, che a me rendi,
 prezzo è del lor coraggio.
 ARTASERSE
 L’ubbidire a’ miei cenni
 è la gloria maggior del lor servaggio.
 TEMISTOCLE
790Pensa che a te nemico
 mi fe’ nascer il cielo.
 ARTASERSE
 Ma penso ancor ch’ei mi ti rese amico.
 TEMISTOCLE
 Amico, è ver. Vuoi ch’oltre l’Indo e ’l Gange
 spieghi le perse insegne?
795Vuoi che l’Istro gelato e ’l Nilo ardente
 al tuo scettro ubbidisca?
 Facciasi; te ne accerto.
 Vedrai la mia vittoria o la mia morte.
 Più difficili acquisti
800chiedimi, o re. Chiedimi un prezzo eguale
 a quel ben che m’hai dato.
 ARTASERSE
 Il più bel degli acquisti è ’l più bramato.
 Bramo la Grecia; questo
 è ’l trofeo che ti chiedo.
 TEMISTOCLE
                                             E questo avrai
805forse dal tuo valor, dal mio non mai.
 ARTASERSE
 Cambise, a un tal rifiuto
 come accordi i tuoi detti?
 CAMBISE
                                                 Io son confuso.
 TEMISTOCLE
 Non n’hai ragion.
 CAMBISE
                                   Ma tu poc’anzi?...
 TEMISTOCLE
                                                                     Allora
 favellava a Cambise,
810or parlo ad Artaserse.
 CAMBISE
                                          (Ei mi derise).
 ERACLEA
 (Io temo insieme e spero).
 PALMIDE
 (Generosa virtù!)
 CLEARCO
                                   (Destin severo!)
 ARTASERSE
 E tu ’l mio sdegno apprezzi
 più che ’l mio amor?
 TEMISTOCLE
                                         Vorrei
815quello sfuggir, questo serbar né posso.
 ARTASERSE
 Pensa ancor ciò che fai.
 TEMISTOCLE
                                             Basta un momento,
 perché risolva il forte
 tra la gloria e la morte.
 ARTASERSE
 E la morte, ch’eleggi, ancor avrai. (Furioso)
820Convien torti il mio affetto,
 ripigliare i miei doni,
 darti in mano a la Grecia,
 ritornarti a quel nulla, ond’io ti trassi,
 da quel grado abbassarti, ove io t’alzai.
825Poi la morte, ch’eleggi, ancor avrai.
 PALMIDE
 (Che ascolto?)
 ERACLEA
                             (O ria sentenza!)
 CLEARCO
                                                              (E freno il pianto?)
 TEMISTOCLE
 Sì, gran re, condannato
 prima son dal mio cor che dal tuo labbro.
 Questa è la colpa e la miseria mia,
830dover morirti ingrato.
 Giusta è la tua sentenza; io la ricevo,
 colpevole per pena,
 misero per sollievo.
 Non cerco nel mio onor la mia discolpa.
835Meritati ho i miei mali; a me nemico,
 le mie ritorte io stringo. Io porto il ferro
 ne le viscere mie. Mi niego un bene,
 nel cui solo possesso
 trovar potrei superbo
840lode, non che discolpa ad ogni eccesso.
 Via, punisci, Artaserse,
 questo reo, quest’ingrato; e fa’ che io mora.
 Farò voti in morendo
 per l’onor tuo. Ti bramerò vassalli
845che imitin la mia colpa e la cui fede,
 ferma possa ed ardita,
 gli altri irritar, come la mia t’irrita.
 ARTASERSE
 Non m’irrita il tuo cor, mentre io l’ammiro.
 Mal ti è noto Artaserse.
850Serbai da l’ire, onde il sembiante accesi,
 innocente quest’alma.
 Temei la tua viltà, quand’io la chiesi.
 Il tuo rifiuto è degno
 di quel ben che rifiuti. Io t’amo in esso;
855amo la tua costanza; amo anche Atene,
 perché ti è cara, e la dichiaro amica.
 Tu non sei più stranier. Vivrai ne l’Asia,
 vivrai ne la mia reggia
 cittadino e sicuro.
860Palmide sia tua sposa; aggiungo al dono
 e Lampsaco e Magnesia.
 Son maggior re, quando tuo amico io sono.
 PALMIDE
 (O gioia!)
 ERACLEA
                      (O sorte!)
 CLEARCO
                                           (O re maggior del trono!)
 TEMISTOCLE
 Signor, che dir poss’io? Già sento oppresso
865da’ tuoi favori immensi,
 non meno che ’l poter, l’uso de’ sensi.
 ARTASERSE
 De la real promessa
 non si tardi l’effetto. A lui la destra,
 Palmide, porgi.
 PALMIDE
                               A te ubbidir m’è gloria. (Palmide dà la destra a Temistocle)
 CAMBISE
870(Amor mio sventurato!)
 ARTASERSE
 Or son lieto.
 PALMIDE
                          Io contenta.
 TEMISTOCLE
                                                  Ed io beato.
 ARTASERSE
 Tu a la Grecia, Clearco,
 nunzio ritorna e fa’ che l’odio estingua,
 vano al pari ed ingiusto.
 TEMISTOCLE
875Dille che non mi tema
 vendicator l’ingrata.
 Tutto il mio fasto è in vagheggiar rivolto
 l’imagine de’ numi in quel bel volto.
 CLEARCO
 Temistocle, avrai vinto, io te ne accerto,
880dopo tanti trofei l’odio di Atene.
 TEMISTOCLE
 Questo solo piacer manca al mio bene.
 Verrà teco Eraclea.
 CLEARCO
                                     Più caro laccio
 non mai strinse Cupido.
 ERACLEA
                                               Or sì t’abbraccio.
 ARTASERSE
 Tu, Cambise, riguarda
885tanta virtù con miglior occhio; e cada
 vittima del suo merto il tuo livore.
 CAMBISE
 Sia ’l voler del mio re legge al mio core.
 ARTASERSE
 Or vegga ognun che un regnatore augusto,
 più che grande e temuto, ama esser giusto.
 TUTTI
890Un regnatore augusto,
 più che grande e temuto, ama esser giusto.
 CORO
 
    Festeggi ogni core
 di gloria o di amore
 in dì sì seren.
 
 TEMISTOCLE, PALMIDE, CLEARCO, ERACLEA A QUATTRO
 
895   Ma ’l mio maggior bene,
 vezzoso idol mio,
 sia dopo le pene
 lo stringerti al sen.
 
 Fine dell’atto terzo
 
 PER LA LICENZA
 
 Marte, con accompagnamento di guerrieri, l’Amor della patria, con eroi liberatori delle loro patrie, e poi la Fama
 
 MARTE, AMOR DELLA PATRIA A DUE
 
    Del sovrano eroe d’Atene...
 MARTE
900Che de’ Persi trionfò...
 
 AMOR DELLA PATRIA
 
    Che da barbare catene
 la sua patria liberò...
 
 MARTE
    Voli...
 AMOR DELLA PATRIA
                 S’oda...
 A DUE
                                 In ogni lido...
 MARTE
 Chiaro il nome.
 AMOR DELLA PATRIA
                                Eterno il grido.
 
 MARTE
905Serse di Grecia a’ danni
 tutta l’Asia conduce.
 A l’esercito immenso
 le più vaste campagne anguste sono
 e scarsi a la sua sete i più gran fiumi.
910Con prodigi del fasto
 passeggia il mar, naviga i monti; e ascosa
 sotto i nemici abeti
 trema al giogo vicin l’ionia Teti,
 Ma che? La mente e ’l braccio
915di Temistocle solo
 vaglion per più falangi; ed a l’orgoglio
 di mille navi il suo valore è scoglio.
 
    Da le vene de’ nemici
 sparse in mare un mar di sangue;
 
920   de l’Egeo ne l’onde ultrici
 tomba diede a l’Asia esangue.
 
 AMOR DELLA PATRIA
 Sì gloriosa palma,
 che a l’invitta sua man porse il valore,
 degna ben fu d’un tanto eroe; ma quella,
925che diede a sua grand’alma
 de la patria l’amore, è assai più bella.
 
    Di tue vittorie, o Marte,
 sovente a parte
 la sorte fu.
 
930   Ma per la patria amata
 offrir sé stesso a morte,
 amarla benché ingrata,
 questo non è già sorte,
 è sol virtù.
 
 FAMA
935Di Temistocle al nome
 abbian pur fine, o numi,
 i giusti, sì, ma smoderati applausi
 che di più chiaro eroe
 sono al nome immortale
940vie più dovuti.
 MARTE
                              A quale, o diva?
 AMOR DELLA PATRIA
                                                             A quale?
 FAMA
 A quel del gran Leopoldo,
 tra i cesari il più degno,
 tra i monarchi il più chiaro,
 il maggior tra gli eroi, per cui s’oscura
945da la presente ogni passata etade.
 Di più temuto Serse
 più tremende falangi
 negli unni campi egli atterrò, disperse.
 E da lacci tiranni
950l’Europa preservar, non che i suoi regni,
 sono del suo gran zel gli eroici impegni.
 
    Di sangue o d’impero
 mai sete funesta
 ne l’alma non ha,
 
955   Al braccio guerriero
 mai l’armi non presta,
 se non la pietà.
 
 MARTE
 Il ver tu dici, o Fama. A me ben note
 sin d’augusto le palme,
960tanto acclamate in terra
 quanto al cielo gradite,
 acquistate col ferro e non rapite.
 AMOR DELLA PATRIA
 Note ancora a me sono
 del suo zel vigilante
965l’ansiose premure,
 da cui tra le più gravi e rie vicende
 l’afflitta Europa il suo riposo attende.
 MARTE
 Ma di sì degno eroe,,,
 AMOR DELLA PATRIA
 Ma di sì grande augusto...
 MARTE
970Celebrar quei trionfi...
 AMOR DELLA PATRIA
 Acclamar quel gran zelo...
 A DUE
 Di cui ripieno è ’l mondo...
 MARTE
 Troppo alta è l’opra.
 AMOR DELLA PATRIA
 È troppo grave il pondo.
 FAMA
975Sì, ma dove non puote
 la facondia arrivar, l’ossequio giunga.
 MARTE
 Si veneri tacendo e d’ogni lode
 da un silenzio loquace
 si confessi maggiore.
 AMOR DELLA PATRIA
980E se ’l labbro non sa, favelli il core.
 FAMA
 
    La facondia tant’alto non sale,
 s’a gran pena vi giunge il pensier
 
    In tributo a sua gloria immortale
 degna lode è un divoto tacer.
 
 TUTTI
 
985   In tributo a sua gloria immortale
 degna lode è un divoto tacer.
 
 Segue il ballo de’ seguaci di Marte e dell’Amor della patria.
 
 Fine